Overdose


La strada sembrava buttarsi giù nel buio o forse ero io ad essere troppo fatta.
Per mia fortuna non c’era nessuna macchina nei paraggi, nessun passante, niente di niente. Eppure le dieci di sera erano da poco passate rivelando un tristissimo venerdì sera. In realtà non mi importava molto, avrei preferito passare la serata a casa.
Ok Andrea, devi solo andare lì e farti dare i soldi –.
Il parco era chiuso ma per me non fu un problema scavalcare il cancello ricoperto d’edera, mi tirai il cappuccio e avanzai. Vedevo solo nero davanti a me ma scorsi la debole luce di una torcia non molto lontano dalle altalene, poi un vocio. Strinsi il manico del coltello nella tasca dei jeans, pronta ad usarlo, in quella situazione non avrei potuto fare diversamente.
Il nome di Andrea Huber era sulle bocche di troppi tossici e girare senza protezione sarebbe stato un suicidio.
Credevo non fossi più venuta –.
Riconobbi la voce di Kevin. Era in piedi accanto l’altalena con la torcia che faticava a illuminarmi, ma era solo. Era solo quanto io avevo sentito dei bisbigli poco prima ed ero certa che ci fosse qualcun altro con lui.
Sei solo? –.
Annuì – Allora? –.
Allora voglio i miei soldi –.
Nei suoi occhi c’era qualcosa che non mi convinceva per niente, un tutto oppure un nulla, una strana espressione che aveva preso a martellare in modo grave dentro di me.
Non ti scaldare Huber, ho i tuoi soldi – disse mostrandomi la busta – Comunque… mi hanno detto di Miriam –.
Cosa ti importa? –.
Ogni secondo in più che passavo in quel parco mi innervosiva sempre più, sentivo occhi puntati su di me. Quanti si nascondevano nel buio?
So anche che hai perso i contatti con Pietro –.
Stava guadagnando tempo.
Dammi i soldi e facciamola finita con questa pagliacciata Kevin, quel che riguarda la mia vita non deve fregarti. Pietro e Miriam li voglio fuori da questa merda –.
Il suo sghignazzare mi mandò il sangue al cervello.
Sai… mi sono giunte delle voci Huber. Non hai idea del guaio in cui ti sei cacciata –.
Non hai idea del guaio in cui ti caccerai tu se non avrò i miei soldi –.
Sentivo dei passi, non dovevano esserci più di due persone nascoste, per mia fortuna. O sfortuna, mi chiesi che diavolo stesse succedendo.
Gira voce che tu abbia abusato di Miriam –.
Chi è la testa di cazzo che ha messo in giro questa voce? –.
Ero incredula.
Non riuscivo a capacitarmi di come si fosse diffusa tale voce, come fosse successo o perché. Però in quel momento ebbi un bruttissimo sentimento, se fosse stato suo fratello? E se i passi che sentivo attorno a me erano suoi?
È vero o no Huber? –.
Non sono tenuta a dare spiegazioni a nessuno, e comunque no. Cosa non ti è chiaro della frase “Miriam la voglio fuori da questa merda”? –.
Kevin sbuffò porgendomi la busta, ma non disse nulla.
Bene –.
Feci per voltarmi ma la torcia si spense e il nero ci inghiottì.
Non è saggio mettersi contro Michael Castillo –.
Conoscevo a memoria la strada da fare per uscire dal parco, tra me e il cancello c’era probabilmente qualcuno che mi voleva morta, tirai fuori il coltello pronta a difendermi. Ero in netto svantaggio perché loro sapevano esattamente dove fossi ma io non sapevo nulla, quanti uomini ci fossero o cosa nascondessero. Perché se avessero avuto pistole non sarei uscita da quello stupido parco.
Presi a correre desiderando solo di uscire da quel parco ma qualcosa mi sfiorò la spalla destra, poi un dolore affilato. Mi morsi il labbro per non gridare e come di riflesso feci lo stesso colpendo il mio assalitore al volto. Seguirono delle grida ma ero vicina al cancello, bastavano pochi passi ed ero fuori da quella situazione.
Indietreggiai ma qualcuno mi afferrò il polso e un secondo dopo lo zigomo sinistro prese a pulsarmi, un dolore lancinante e un ombra si piazzò davanti a me.
Sono stato io a mettere in giro questa voce –.
Lo riconobbi, aveva quasi il suo stesso timbro di voce, gli stessi occhi ambrati e la stessa fisionomia, come lei emanava orgoglio ma non era lei.
Sai benissimo che non è vero –.
Qualcosa di caldo mi sfiorò le labbra.
Lo so, ma volevo punirti per averla manipolata. Vorrei tanto spaccarti quella faccia da tossica che ti ritrovi Huber –.
E precisamente cosa ti trattiene dal farlo? –.
Non sei nella posizione di controbattere –.
Lo vidi avvicinarsi, lo zigomo mi faceva male ma non mi sarei fatta colpire una seconda volta. Mi alzai e gli puntai la lama – È finita, ci hai separate. cos’altro vuoi da me lurido bastardo? –.
Cosa voglio? Voglio vederti marcire in carcere Huber –.
Tu sei pazzo –.
Altri passi, un vocio in crescenza e la voglia di lasciare quel parco era troppa.
A chi credi darà retta la gente? Ad una tossica con precedenti come e oppure a me, un responsabile e onesto lavoratore? –.
Va’ al diavolo –.
Un rumore metallico catturò la mia attenzione e i sensi si impossessarono del mio corpo, sentivo il cuore a mille e l’adrenalina esplodermi dentro. Se fossi rimasta lì un secondo di più mi sarei trovata con una pallottola in fronte. Avanzai e immobilizzando Michael gli puntai la lama sulla gola, avanzai verso il cancello – Giuro che gli taglio la gola –.
Il silenzio si fece inquietante, i sospiri cessarono ma il mio cuore martellava come impazzito.
Di alla tua feccia di buttare le armi –.
Sentivo di essere sulla punta di un rasoio, sentivo che bastava poco per perdere l’equilibrio ma avrei retto. Sopravvivere era la mia specialità. Mi avvicinai un po’ più al cancello e prima di mollare la presa gli diedi una ginocchiata in mezzo le gambe, lo lasciai cadere e scavalcai correndo il più lontano possibile da quel luogo maledetto.
Solo a metà strada verso il mio appartamento mi fermai dolorante, per di più cominciava a girarmi la testa. Ero confusa da ciò che era appena successo, Michael voleva spaventarmi? Ci aveva provato talmente tante volte ma non aveva mai provato a tendermi un’imboscata – ‘Fanculo –.
Tornata a casa notai che Giada era ancora lì, buttata sul letto a fumare.
Andrea? Che cazzo è successo? –.
Lanciai la felpa sul divano, ignorandola, e mi precipitai in bagno: ero un bagno di sangue.
Andrea? –.
Avevo il lato sinistro del viso gonfio e insanguinato ma non era nulla in confronto alla spalla. Presi il cestino e lo rovesciai cercando l’acqua ossigenata, pomate e qualsiasi cosa per medicare la ferita o per cercare di fermare il sangue.
Giada ascolta… – dissi dopo che mi chiamò per la terza volta, stava cominciando a darmi sui nervi – prendi le tue cose e vattene –.
Cosa? –.
Non mi va di avere altre seccature tra i piedi –.
Prima mi scopi e poi mi cacci di casa? Ma vaffanculo –.
Sbuffai infastidita ma non le risposi. Notai a terra una foto che avevo perso da mesi, avevo quasi dimenticato di averla. O meglio, credevo di essermi liberata di ogni sua foto, ogni nostra foto, ogni cosa passata dalle sue mani.
A quanto pare avevo lasciato delle tracce.
Dimenticai il resto fissandola e la sua assenza mi schiacciò all’improvviso. La voragine che aveva creato si riaprì tornando a sanguinare, potevo quasi sentirlo il sangue abbandonarmi, nulla in confronto al taglietto sulla spalla.
Poi un giramento di testa seguito da una nausea insopportabile.
Il salotto era uno schifo, lattine vuote, piatti luridi, polvere bianca. L’odore di Giada era ancora impresso nelle pareti, un odore a cui non ero abituata e notai anche i suoi capelli sparsi in giro. Era diventata il mio passatempo da qualche mese e forse un po’ di gentilezza nei suoi confronti non mi avrebbe fatto male. Ma io e la gentilezza eravamo i poli dell’opposto.
Rivoltai ciò che rimaneva del salotto alla ricerca di una siringa e la trovai sotto il tavolino, fra le altre sembrava la più pulita e decisi di usare quella.
Bastò qualche secondo e persi coscienza della voragine che mi stava risucchiando dall’interno, sentivo la stanza farsi distorta fino a perdere un senso poi dei rumori. Rumori forti e una luce abbagliante, voci incomprensibili e volti anonimi, il mondo farsi nero. In lontananza c’erano grida e quella che sembrava… una sirena? Forse tante sirene. Poi un dolore lancinante, la spossatezza.
Quel che ricordo da quel momento in poi sono solo frammenti sconnessi di una realtà che non mi apparteneva. A prevalere un bianco accecante con spruzzi di grigio e apatia, non riuscivo a sentire nulla se non un alone attorno a me.
Cose se fossi in una bolla fuori dal mondo.

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